E’ una collettiva di artisti che hanno smesso i panni di un intellettualismo che declinava destra e sinistra come categoria del pensiero artistico. Al critico militante questi artisti appariranno privi di ideologia politica, e lo sono, perché creare è “fare arte”, e l’arte non è né di sinistra, né di destra, né di centro, né davanti, né dietro, né sotto né sopra; è … Se poi un titolo si esausta nei soggetti di questa importante rassegna, possiamo affermare che il significato, contenuto comunicativo dell’opera, è nelle condizioni di verità? Se questo è il mondo, l’artista, in questo suo “esser-ci”, determina il suo “mondo” ed è un mondo vero, contestuale e oggettivamente formale. Espongono: Paride Bianco, Gabrio Ciampalini, Silvia Cossich Goodman, Milena Pedrollo, Maurizio Piccirillo, Ivano Emilio Zanetti. Paride Bianco – nasce il 2 marzo 1944 a Martellago (Venezia) .Dopo le prime esperienze che lo porterà a riflettere e rivedere l’impostazione scolastica del concetto di luce, si immerge completamente nel colore. Ristudia i metodi per fabbricare i colori, mesticare le tele, usare le colle vegetali come la resina di pino o la lacca sciolta in alcool. Inizia a studiare i grandi filosofi, da Chomsky a Ulmann, da Benjamin a Popper, ma è di Benveniste per il quale “la realtà di un oggetto non è separabile dal metodo impiegato a definirlo” la porta che apre alla stagione dell’Ostatismo, imperniata sulla verifica della possibilità di usare il calco come unica certezza e fattibilità di essere nel vero. Gabrio Ciampalini – Nasce a San Miniato il 18-05-1945. Si è diplomato al Liceo Artstico di Firenze. ed ha frequentato l’Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura, della stessa città. E’ il pittore degli ossimori, sempre presenti e perfino ridondanti nelle sue opere, nelle quali realizza un incontro-scontro di spazi, un dialogo contrastato e rinnovato fra ciò che è pertinente e il superfluo, dove realizza il rigetto del facile e del piacevole, per abbracciare l’ostacolo che media con il dato reale. Il suo fare arte oggi si realizza in un “altrove”, un andare oltre l’immagine, oltre le linee di confine della cornice, carico di tensione e di inquietudine che prendono voce nei colori accesi eppure trasparenti, nello sviluppo delle forme che rimandano a centri multipli e a risonanze emergenti. Le quali riaffiorano con una cadenza sorda, malgrado la sonorità che parla più di assenze, che di presenze; dove lo stesso movimento della composizione diventa inspiegabile inerzia che sembra bloccare gesti e materiali entro i propri confini. Si avverte allora un’esitazione all’assenso, perché tutto può essere diverso da come appare ai nostri occhi. L’esistere, di conseguenza, si configura in altra nettezza: vivezza che è anche smarrimento. Il significato altro delle cose assume i tratti della comédie humaine, dove la voglia di misurarsi, il fervore della sperimentazione e della scoperta trasudano dall’opera e danno voce all’angoscia. Ne risulta un modo di fare per cui l’arte, come il sogno diventa la realizzazione allucinante di desideri inconsci e necessità di continuare a lottare contro tutto e tutti per dire “io sono; io ci sono”. Silvia Cossich Goodman – nasce a Newburgh New York nel 1962. Vive e lavora in San Francisco (U.S.A.) dove insegna arte in una scuola italiana. Ha conseguito il diploma di laurea nel 1991 presso la scuola d’arte Otis Parson di Los Angeles, dove si è specializzata come “textile-designer” e “illustrator”. Conseguentemente ha lavorato come designer nel campo della moda per 6 anni nella città di Los Angeles, dedicandosi al disegno di tessuti. Le sue prime mostre la aprono alle esperienze di Santa Monica e Malibù. A partire dal 1996 manifesta un vivo interesse per la ceramica e di lì a poco comincia a fare sculture, sviluppando temi legati alla continua esplorazione della figura umana, che continua ancor oggi a interessarla. In questi ultimi anni ha cominciato a partecipare agli workshop di artisti impegnati nello studio anatomico, ed ha allargato le sue esperienze al mondo dell’arte americano, con un occhio vigile ma nostalgico all’arte italiana. Milena Pedrollo – nasce a Cles TN il 05/04/1976, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti Cignaroli a Verona; attualmente vive e lavora a Villalagarina TN. Nel suo lavoro, coniugazioni di immagini fotografiche e pittura indagano l’esperienza dell’uomo dentro la dimensione del cibo, dell’alimentazione, del pasto, alla ricerca espressiva delle più intime emozioni, e delle relazioni interpersonali che questa dimensione scaturisce. Temi come alimentazione, stretta relazione con il cibo, approccio antropologico alla simbologia, alla semantica, all’emotività individuale e sociale intrecciate alla sfera culturale, politica, sociale ed economica, sono gli ingredienti principi della sua visione artistica. Come performer collabora assiduamente, come duo artistico, con l’artista e poetessa Barbara Cappello in azioni performatiche, come momenti di socializzazione, di scambio e di analisi individuale e sociale. Maurizio Piccirillo – Nasce a Napoli, il 9 ottobre 1968, ma risiede da molti anni a Rosignano Solvay (LI). Le sue opere indagano con il segno espressivo e la musicalità dei frattali le prospettive futuribili dell’arte digitale. In esse il “fare” è affidato da un lato alle contaminazioni fra tecnica e arte, al cui orizzonte si stagliano il lirismo e l’evocazione della scrittura digitale, dall’altra la ricerca rigorosa e la sperimentazione instancabile di nuovi materiali e delle loro possibili risposte. E’ un percorso esperienziale e di studio minuzioso e unitario, dove il frattale è sostenuto e s’accompagna con una concezione interdisciplinare e multisensoriale dell’arte. La multisensorialità si pone come dialogo nuovo con un pubblico che va emotivamente coinvolto e guidato nella compartecipazione di un ruolo diverso di fruire l’arte. Ruolo sempre più proiettato verso il connubio arte/ricerca tecnica e orientato all’indagine profonda dell’essere (sein) e dell’esserci (da sein). Ivano Emilio Zanetti – Ivano Emilio Zanetti nasce a Volongo (Cremona) il 26 aprile 1962. Ha partecipato a numerose collettive e a premi. Si è dilettato fin da giovanissimo nei ritratti e nello studio del figurativo, per approdare in maturità all’astrattismo informale, conservando però dei tratti della figura. Oggi la sua sperimentazione è incentrata sulla ricerca di una forma rapida e intensa, spesso sfuggente, che indaga con pennellature acriliche, e dove il tratto e il colore dicono un’urgenza espressiva, che gli permettono nel contempo di evadere oltre la dimensione spaziale del quadro.